Martedì, 18 Settembre 2018 14:14

L’arcaicità della pittura, il segno e la manipolazione. Kerstin Brätsch in mostra alla Fondazione Memmo (by Artecracy)

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Di Chiara Cottone (Artecracy.eu)

Fino a domenica 11 novembre negli spazi della Fondazione Memmo si svolge una rivisitazione ambientale e strutturale, attraverso un’attenta e minuziosa ricerca. L’obiettivo primario è quello di ricostruire un tradizionalismo che recupera un pittoricismo arcaico consolidandone la memoria attraverso la destabilizzazione dell’atto pittorico in sé. Kerstin Brätsch, artista di origini tedesche, è la protagonista di questa mostra a cura di Francesco Stocchi, che si suddivide in due sezioni: Ruine e KOVO. La prima, Ruine, si fa testimone di una pratica artistica dedicata alla ricerca costante del segno pittorico nella contemporaneità, espandendolo e rivisitandolo attraverso collaborazioni in attivo con artigiani, con l’obiettivo finale di mettere in crisi l’idea stessa del gesto pittorico come atto soggettivo e puramente arcaico.

Partendo dunque dalle sale della Fondazione, Kerstin Brätsch, ha presentato un corpo inedito di marbling paintings nei quali fa gocciolare inchiostri e solventi su una superficie liquida permettendo al caso di creare disegni e geometrie che richiamano le venature del marmo. Accanto a questi, si affiancano lavori in stucco-marmo presentati come rinvenimenti di reperti archeologici di una Roma sotterranea e spesso misteriosa. I lavori rispecchiano tutti il segno comune della manipolazione. Utilizzando anche tecniche del passato, Brätsch permette ai suoi oggetti non solo un mimetismo che spesso ricade nel dubbio ma, allo stesso tempo, compie un’inversione temporale in cui il segno tangibile del lavoro dell’uomo richiama quei gesti in cui il linguaggio verbale è sostituito e depositato sotto superfici scultoree o liquide. La mostra predispone un avvicinamento all’idea ancestrale di gesto pittorico attraverso l’inganno e il dubbio. Questa idea di manipolazione e la riflessione stessa di cui l’artista si fa portatrice, si fanno evidenti nella sua scelta in itinere di stravolgere l’allestimento precedente per permettere al fruitore di leggere le stesse opere secondo punti di vista molteplici e perennemente differenti.

La seconda sezione, KOVO, è un luogo nel quale gli elementi si attivano creando delle suggestioni che evocano spettri e rituali. In questa occasione, Kerstin Brätsch, si presenta sotto lo pseudonimo del collettivo KAYA composto dall’artista e Debo Eilers. Il collettivo che unisce due distinte individualità di pittore e scultore, presentano un conflitto, un fragoroso scontro di processi creativi. Anche in questo caso, la manipolazione dell’oggetto in sé diventa una contrapposizione simultanea di composizioni e decomposizioni, che sono ridefinite anche dall’uso di suoni che a intermittenza ricreano e ridefiniscono ancora una volta gli spazi circostanti, abbracciandoli in un mondo primordiale, all’oscuro del quale la condizione umana viene messa in crisi e sfocia in un regno animale, ribelle e feroce.

Fonte: Artecracy.eu

Link: http://artecracy.eu/larcaicita-della-pittura-il-segno-e-la-manipolazione-kerstin-bratsch-in-mostra-alla-fondazione-memmo/

Letto 2903 volte Ultima modifica il Mercoledì, 21 Novembre 2018 07:08
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