Il periodo che va dalla metà dell'XI a tutto il XII secolo è detto “romanico”. Il termine è stato coniato dagli studiosi francesi del secolo XIX secolo De Gerville e De Caumont, che intendevano istituire un parallelo fra l'arte di questi secoli e le lingue neolatine o “romanze”, eredi della tradizione romana. In realtà, il linguaggio figurativo romanico, a differenza di quello linguistico, non abbraccia solo i territori unificati dall'impero romano. Inoltre, è bene ricordare che la lingua romanza non trae la sua origine esclusivamente dal latino colto, ma anche da quello parlato, popolare, con l'apporto di varie componenti estranee. Lo stesso processo investirà la sensibilità figurativa di quest'epoca, passando dall'astrattismo alla concretezza; non la concretezza romana, espressione della potenza imperiale, ma una concretezza popolare. Sant'Agostino, nel suo De civitate Dei, scriverà “anche la Città celeste si vale della pace terrena e delle cose che appartengono alla vita mortale”, e ancora, “senza dubbio la vita della santa Città è vita sociale”.

 

La scultura, - che allestiva portali, capitelli, pulpiti, pontili -, era finalizzata a interpretare le Sacre scritture e illustrare alcune scene tratte da esse e fornire un supplemento visivo alle parole pronunciate dal vescovo durante la messa. Questi “poemi visivi” si configuravano come vere e proprie Bibliae pauperum, ovvero per coloro che non erano in grado di decifrare i testi sacri, lavoro riservato a pochi dotti.

 

Spesso si tratta di figurazioni escatologiche, come questa raffigurazione del Giudizio universale che si trova nel Portale dei Prìncipi della Cattedrale di Bamberga (1235 ca).

La lunetta del portale ospita il tipo iconografico del Cristo in Maestà, poiché seduto in trono, e del Cristo sofferente, in quanto mostra le pighe delle mani e del costato. Il Cristo è, come vuole la tradizione, posto in una mandorla formata dalle lunghe ali degli angeli assisi al suo fianco. Inginocchiati ai piedi del Cristo vi sono Giovanni e Maria.

Alla destra di Cristo si trova il gruppo dei salvati che, accompagnati da un angelo si dirigono verso il centro della scena, tra questi, tre figure di innocenti mostrano con le loro eloquenti espressioni e le mani giunte la loro contentezza. Alla nostra destra si trova invece il gruppo dei dannati, che, con moto divergente, vengono allontanati dal centro della scena. Tra questi personaggi si distinguono un re, un esuraio, un papa e un vescono, tutti trascinati dal diavolo.

I volti rivelano i sentimenti dei personaggi in quella che è una delle prime rappresentazioni dell'interiorità nell'arte europea, gioia e disperazione sono presenti in modo quasi caricaturale in volti che appaiono decisamente distorti. Lo spazio scenico è organizzato ponendo i personaggi su diversi piani di profondità: chi è posto in secondo piano fa capolino sulla scena in modo discreto o irruente come nel caso del dannato che pare quasi desideroso di mettersi in mostra da modo da farsi ammirare dall'osservatore.

 

 

 

Pubblicato in Arte e critica

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