Di Angelica Gioelino (by Artecracy.eu)
«Mi sono alzato di buon’ora e ho visto gli operai arrivare al cantiere con un sole magnifico. Avresti provato piacere a vedere l’aspetto particolare di questo fiume di personaggi neri, grandi e piccoli, prima nella strada stretta dove non c’era che poco sole e poi nel cantiere (agosto 1877)… Gli operai di questa miniera sono generalmente emaciati e pallidi di febbre, hanno un aspetto affaticato e frusto, sono scuri di pelle e vecchi anzitempo, le donne sono deboli e appassite. Intorno alla miniera miserabili abitazioni di minatori, con qualche albero morto annerito e siepi di rovi, mucchi di concime e di cenere, montagne di carbone inutilizzabile (aprile ’79)… Gli operai delle miniere di carbone e i tessitori sono ancora una razza un po’ diversa da quella degli altri lavoratori e artigiani e io sento per loro una gran simpatia… L’uomo del fondo dell’abisso, de profundis, è il minatore, l’altro dall’aria assorta, quasi da sognatore, da sonnambulo, è il tessitore. Sono quasi due anni che io vivo con essi e ho imparato a conoscere abbastanza il loro carattere originale, soprattutto quello di minatori. E ogni giorno più io trovo qualcosa di commovente, e di struggente persino, in questi poveri e oscuri operai, i più reietti di tutti si può dire, i più disprezzati, che in genere, con immaginazione vivace ma falsa e ingiusta, ci rappresentiamo come una razza di malfattori e di banditi (agosto 1880)».
Vincent Van Gogh
Di Angelica Gioelino (by Artecracy.eu)
Milano, anni ’20. Immaginiamo un gruppo di architetti, tutti diversi fra loro, ma con un fattore in comune, l’appartenenza al Club degli Urbanisti. Di che si tratta? In cosa credono e cosa sostengono questi architetti? Viene elogiata l’arte del costruire le città in connessione alla formazione di uno spirito civico, si crede fortemente nell’importanza dell’architettura come espressione di una disciplina. Ma dove è possibile trovare dei modelli d’ispirazione? Sicuramente nella Milano del Settecento e degli inizi dell’Ottocento.
“Neoclassici” è l’appellativo che distingue gli architetti milanesi, i quali hanno come fine il far rivivere la Milano illuminista e alto borghese. Fra essi si annoverano Giovanni Muzio (1893 – 1982), Giuseppe De Finetti (1892 – 1951) e Giò Ponti (1891 – 1979), che hanno come committenti i membri delle famiglie dell’industria e della finanza di Milano.
Di Stefano Cariello (by Artecrazy.eu)
Immaginiamo l’arte come una regione, un’isola o uno Stato senza confini certi. Tali confini cambiano velocemente e silenziosamente. Se non si presta abbastanza attenzione si corre il rischio di svegliarsi e di realizzare che questo Stato include un’area tutta nuova che non si era mai considerata in precedenza.
Dall’inizio del secolo scorso la definizione di “arte” è cambiata velocemente per includere nuove forme di espressione. All’inizio della nostra cultura l’arte fu tecnica, poi dopo secoli divenne bellezza, poi più recentemente tramutò in pura espressione, esperienza estetica, creatività, sorpresa, shock, affermazione, financo partecipazione collettiva.
L’Arte visuale fu scultura, pittura e architettura, poi collage, ready made, installazione, performance, happening, concetto etc.
Alcuni filosofi del XX° secolo sono arrivati ad affermare che l’arte è un concetto che non può essere definito.
E’ in effetti un’ardua sfida, tuttavia non possiamo arrenderci all’idea di non essere capaci di riuscire a definire cos’è l’arte ai giorni nostri.
Dunque Artecracy è il nome di questo Stato immaginario ed immaginifico, totalmente governato dall’Arte che ne stabilisce i confini e le regole che hanno corso per un tempo di durata incerta. Il sottotitolo THE ART STATE si riferisce, da una parte, al concetto italiano dello Stato dell’arte, ossia al “punto cui sono arrivate le ricerche in una determinata disciplina”, ma anche al più alto livello di sviluppo di un dispositivo o in un campo tecnico o scientifico, realizzato in un certo momento, con significato, quindi, analogo “all’avanguardia, d’avanguardia”.
Di Angelica Gioelino (by Artecrazy.eu)
«Nel mio lavoro vedo le crepe, le pareti erose, il potenziale distruttivo che emerge dal nostro tempo di disillusione».
Sono queste le parole di Arnaldo Pomodoro, scultore e orafo italiano operante nell’ambito dell’arte non figurativa, creatore delle Sfere di bronzo che si scompongono davanti allo sguardo degli spettatori tramite frastagliate e lacerate sezioni. Le Sfere di Pomodoro pongono in evidenza il contrasto tra la perfezione della levigatezza della sfera e la complessità celata all’interno dell’opera, come se si trattasse di una sorta di metafora inerente la complessità dell’ignoto. E’ l’interno delle Sfere, l’anima vera e propria, ad essere mostrato al pubblico, con lo scopo di erudirlo circa la non esistenza dello spazio esterno in quanto tutto ciò che accade si svolge all’interno in quelle che sono le viscere racchiuse dalle pareti lucenti e lisce, dai volumi nitidi e perfettamente delineati. Pomodoro ha il potere di rendere visibile il reale attraverso forme nuove, l’artista utilizza configurazioni che superano l’ovvietà di ciò che appare, di ciò che è già conosciuto, pone in evidenza ciò che viene nascosto, raggiungendo nuovi accenti di vita e poesia.
Di Chiara Cottone (by Artecrazy.eu)
Immaginifiche, sospese ed effimere si presentano le sculture dell’artista spagnola Isabel Alonso Vega, nella sua prima mostra in Italia alla White Noise Gallery di Roma dal titolo Senza Fuoco. Racchiuse all’interno di teche, le sculture dell’artista sembrano essere precarie forme evanescenti, come pervase da un moto transitorio che invita alla contemplazione e all’abbandono. La sensazione che ne scaturisce è quella di una eterea sospensione in cui le forme senza alcun tipo di riconoscibile caratterizzazione formale, si accende di una identità tesa verso il sublime e l’inesplorato.
Dalla redazione Artecrazy.eu
Dal 31 gennaio al 10 marzo 2019 la Fondazione Stelline ospita la mostra Il limite del vero. Dall’astrattismo all’astrazione, una retrospettiva a cura di Angelo Crespi dedicata a Luciano Ventrone, definito da Federico Zeri – che lo scoprì – “il Caravaggio del ventesimo secolo”.
Dalla redazione di Artecrazy.eu
La recente mostra “Asti Contemporanea” ha segnato l’inizio di una stretta collaborazione tra la Fondazione Palazzo Mazzetti e il collezionismo privato del territorio; la passione per l’arte dei collezionisti astigiani e piemontesi si consolida con questa esposizione dedicata a Francesco Menzio.
Di Angelica Gioelino ( by Artecrazy.eu)
«Probabilmente ci sono ancora così tante annotazioni che non riescono a spiegare i nostri dipinti. La loro spiegazione deve sorgere da una profonda esperienza tra immagine e osservatore. L’apprezzamento dell’arte è un vero matrimonio dei sensi. E come in un matrimonio, se non viene consumato si giunge all’annullamento».
Di Marzio Lacondanna (by Artecrazy.eu)
Nascondersi, fondersi o sparire. Forse prorpio tutte queste cose insieme. Le numerose immagini prodotte pazientemente da Liu Bolin sono autoritratti dell’assenza.
L’ossessiva serie di autoritratti dell’artista è ciò che di più lontano si possa interpretare come vanità e compiacimento della propria immagine.
Il corpo rappresentato sparisce nel paesaggio urbano, viene trasfigurato e inghiottito, ne rimane una sagoma d’ombra incompleta. Cannibalismo.
Di Angelica Gioelino (by Artecrazy.eu)
Stop ai mezzi termini! E’ un ordine dato dal noto fotografo contemporaneo Sebastião Salgado, nato in Brasile nel 1944, l’uomo che ha utilizzato la fotografia come lo strumento per indagare il mondo. Dopo aver condotto degli studi in ambito economico arriva la svolta nella vita di Salgao, una vera e propria rivoluzione originata da un viaggio effettuato in Africa, un evento che portò la sensibilità dell’uomo a sentire la necessità di dover raccontare ciò che esiste nel mondo, un racconto fatto attraverso le immagini, col sussidio della fotografia.
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