Di Valentina Martino
Se oggi la fotografia viene considerata da tutti noi come il mezzo più rapido per catturare un’immagine che colpisce la nostra vista e immaginazione, in tempi passati questa tecnica presupponeva un lavoro paziente, e soprattutto un’attesa, che diviene temporalità estesa. Il processo di ripresa, e poi quello di sviluppo e asciugatura poteva durare diverse ore, a volte anche un giorno.
Giacomo Balla era figlio di un fotografo; lui stesso lo aiutava spesso nella sua professione. La ricerca della resa della quarta dimensione nella sua pittura viene indubbiamente dalla matrice professionale paterna, che va ad unirsi felicemente con la parabola Futurista in cui entrerà a far parte, lui, più anziano rispetto agli altri membri dell’avanguardia italiana, ne assimilerà gli assiomi, arricchendola con la sua esperienza artistica più matura.
Di Chiara Cottone (Artecracy.eu)
Fino a domenica 11 novembre negli spazi della Fondazione Memmo si svolge una rivisitazione ambientale e strutturale, attraverso un’attenta e minuziosa ricerca. L’obiettivo primario è quello di ricostruire un tradizionalismo che recupera un pittoricismo arcaico consolidandone la memoria attraverso la destabilizzazione dell’atto pittorico in sé. Kerstin Brätsch, artista di origini tedesche, è la protagonista di questa mostra a cura di Francesco Stocchi, che si suddivide in due sezioni: Ruine e KOVO. La prima, Ruine, si fa testimone di una pratica artistica dedicata alla ricerca costante del segno pittorico nella contemporaneità, espandendolo e rivisitandolo attraverso collaborazioni in attivo con artigiani, con l’obiettivo finale di mettere in crisi l’idea stessa del gesto pittorico come atto soggettivo e puramente arcaico.
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