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Martedì, 03 Settembre 2019 18:01

Il corso delle cose è (poco) sinuoso. Il tema ambientale entra in Galleria

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Sempre più frequentemente i quotidiani ci propongono previsioni e analisi critiche riguardanti l'impatto delle azioni umane sul territorio. Recenti studi confermano che il processo di trasformazione dell'ambiente da parte dell'uomo sia antichissimo, ma che solo negli ultimi anni ha acquisito le sembianze di una vera e propria “minaccia” per il clima. Nonostante lo “stato di emergenza” dichiarato dai rappresentanti di vari Paesi, le tematiche ambientali non sono ancora parte viva di una sensibilità universale: la connivenza comune è sempre maggiore rispetto ai barlumi di indignazione che affiorano a intermittenza.

In effetti, raramente la tematica colpisce la nostra sensibilità morale fino a superare il momentaneo sdegno e permetterci di cambiare stile di vita, nel proprio piccolo. Raccontare questa emergenza oggi è urgente e necessario.

Ho colto questa esigenza nelle opere di Davide Volponi, racchiuse nella mostra che prende il nome di “Amaretti”, curata da Alessandra Menesini, (visitabile presso la Galleria Siotto* dal 5 al 22 settembre).

Credo che il fondamentale intento delle opere di Davide Volponi sia proprio quello di portare avanti la marcia delle emozioni e non relegarle ad uno stadio di superficiale attenzione, affinchè il problema possa rivendicare più spazio nella coscienza collettiva. Ogni opera racconta una storia di cui l'uomo è il protagonista, e l'esperienza visiva della mostra ci accompagna verso una riflessione più ampia, nella quale si riscopre l'emozione di chi si espone senza averlo premeditato. L'imbarazzo nasce dalla scoperta che il singolo non è estraneo al problema, e nemmeno testimone passivo di esso, ma artefice stesso dell'opera che ha davanti ai suoi occhi. Anche la scelta dei materiali concorre a smascherare la meschinità della partita che stiamo portando avanti: uomini e animali marini sono burattini nel campo di un biliardino, che può essere manovrato solo dall'uomo. Così, l'emozione di ludica memoria, che scaturisce dal primo approccio all'opera, viene subito soppiantata dal senso di disagio di una penosa resipiscenza.

Lascia l'amaro in bocca, come quei finti amaretti adagiati sulla carta da pasticceria, ingannevolmente commestibili perchè figli di un mare che non accoglie più solo i suoi abitanti.

 

*Cagliari, Fondazione di ricerca Giuseppe Siotto, via dei Genovesi n.114

 

 

 

Letto 3794 volte Ultima modifica il Martedì, 03 Settembre 2019 20:14
Demetra Puddu

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